Il pittore svizzero Pierre Louis De La Rive (Ginevra 1753-1817) fu a Ischia nel settembre 1785. L’artista si innamorò subito delle bellezze isolane, un entusiasmo che si nota inequivocabilmente nell’estratto di una lettera che De La Rive inviò alla moglie e che vi proponiamo di seguito. Parole molto significative, con il pittore elvetico che definisce settembre il periodo migliore per visitare Ischia (a conti fatti è ancora così) e mostra tutto il suo stupore difronte alla varietà della flora isclana.

Pierre Louise De La Rive, ritratto. Fu a Ischia nel Settecento

Le parole del pittore svizzero sulle particolarità dell’isola verde

“Non puoi immaginare come tutto sia fertile in questa terra. Sono venuto qui veramente nel periodo più bello dell’anno. I frutti maturati dal caldissimo sole dell’estate e dal fuoco interno dell’isola raggiungono un grado di perfezione che noi non conosciamo nel nostro Paese. In mezzo ai campi vedi alberi di arance, piegati nello stesso tempo dal peso delle loro arance d’oro pronte da gustare (…). Vedi l’aloe, l’albero di fico d’India e una grande quantità di frutti a noi sconosciuti che formano l’ornamento di questa terra, la più bella d’Europa.

La grande ospitalità della famiglia Buonocore

Nella lettera di De La Rive c’è anche un po’ di storia. L’artista cita la famiglia Buonocore e tale Maria Giuseppa: probabilmente si parla di Maria Giuseppa di Corbera, moglie di Crescenzio Buonocore e madre di Francesco Buonocore. Quest’ultimo, comandante d’artiglieria del Castello di Ischia, nato il 30 novembre 1769, venne giustiziato a Procida dai Borbone perché aderì alla Repubblica napoletana del 1799. A seguito dell’uccisione del figlio, come riporta il Centro Studi D’Ambra, Maria Giuseppa impazzì per il dolore.

“Sono venuto qui su raccomandazione di un principe d’Aliano presso la famiglia Buonocore che merita nel più vero senso della parola il nome che porta. Essi vollero assolutamente che abitassi a casa loro ed ho accettato volentieri per conoscerli meglio. Sono persone molto ricche che vivono come buoni contadini.

Sembrano contenti di me, come io lo sono di loro. Il marito, settantacinquenne, non può fare alcun passo senza che mi faccia ricordare il tuo buon padre. Pur non avendo i suoi tratti del viso, ha almeno il suo modo di fare e soprattutto il suo straordinario sguardo. La signora Maria Giuseppa, sua moglie, è una grande chiacchierona, buona, bigotta, allegra, ignorante. Tutto questo lei mescola in una maniera del tutto divertente. Mi ama molto, mi chiama solo “povero giovane” ed è profonda che turbata del fatto che io debba essere dannato. Due o tre volte al giorno va in chiesa, per pregare Dio di convertirmi. Voleva assolutamente che promettessi di condurti qui per alcuni giorni, quando tu vieni a Napoli. Per te sarebbero giorni interessanti e divertenti, poiché qui niente ricorda tutto quello che tu conosci”.