Quando San Giorgio “salvò” Barano dai pirati

Ischia è terra di storie e curiosità, ma anche di leggende. Tra munacielli, personaggi storici e gente comune, a spiccare sono spesso e volentieri i tanti santi che caratterizzano la stupenda isola situata nel Golfo di Napoli. Spostando le nostre attenzioni verso Barano, e nello specifico verso la frazione di Testaccio, ecco che a spiccare è San Giorgio, protagonista di un racconto significativo riportato dallo studioso e religioso Onofrio Buonocore nel suo ‘Leggende Isclane’.

Tutto si sviluppò durante una festa dedicata al santo, e dunque in un 23 aprile di secoli e secoli fa, durante il periodo delle incursioni piratesche. Proprio nel mezzo della classica processione, i testaccesi videro sbarcare i pirati sulla spiaggia dei Maronti. Pronti al peggio, gli isolani in realtà non videro arrivare in paese gli invasori. Con sorpresa solo un giovane nemico si portò al cospetto del popolo baranese: fu proprio lui a spiegare che i pirati furono aggrediti da un esercito misterioso e costretti così alla ritirata, dirigendosi con le proprie imbarcazioni verso la Sicilia.

Tra lo stupore generale, il giovane rivelò che “l’esercito ischitano” era guidato da un vigoroso ragazzo in cavallo, ragazzo che però non era presente in quel momento in paese. O, almeno, non lo era in pelle e ossa! Sì, perché il giovane saraceno esclamò “Eccolo, è lui!”, indicando incredibilmente la maiolica raffigurante San Giorgio, il cavaliere a difesa della sua terra isclana.

** DOPO L’IMMAGINE LA LEGGENDA INTEGRALE **

Ecco come la leggenda è stata riportata da Onofrio Buonocore:

Quel giorno ventitrè aprile, festa di S.Giorgio, le ore pomeridiane, mentre il popolo era lietamente inteso a menare processionalmente il Santo Cavaliere, quando si era nella migliore sicurezza, le campane a martello della pieve vennero a gettare lo sconforto: la flottiglia della gente piratica aveva gettato le ancore nelle acque dei Maronti.
Capitò quello che ognuno può immaginare, i convenuti dai paesi posti intorno pigliarono le vie di casa loro; i baldi giovani del paese guadagnarono il battuto della torre per disporsi al lancio delle pietre (…).
Gli assalitori, pigliata terra, a pattuglia compatta, armati sino ai denti, spiranti dispetto e furore, s’incalanarono per la ripida salita che menava a l’abitato. Erano per entrare a tiro di pietra: quelli della torre già si tenevano presti al lavoro balistico, quando vennero pigliati da stordimento: i mori dàanno di volta in fuga precipitosa, montano sulle navi e spiegano le vele al vento alla volta della Sicilia. (…) “Potrebbe essere una finta” (…). Si convenne di restare di vedetta la notte intera.

Sulle prime ore del mattino, viene innanzi nella piazzetta di Testaccio un giovane saraceno (…). I villici vennero fuori dai campi e l’avrebbero ucciso se non fosse sopraggiunto per tempo il pievano della terra. (…) Entrò la calma, pigliò inizio la mimica delle domande: “Perché diedero rapidamente volta? Perché tu sei restato dietro?”.

SARACENO: “Ecco – fece il diavolaccio pieno di buono ardire – eravamo a un trarre di pietra dalla torre, quando venne novità sbalordente: uomini armati di lance in tutto punto venivano fuori da ogni parte, incalzavano per il pendio, sbucavano dai vigneti, arrapinati nel volto, convulsi al grado che viene dalla disperazione. Guidava la masnata un giovine baldo, eretto sul cavallo, acceso nel volto, la lancia in resta, ci premeva senza posa. Un terrore nuovo invase tutti: senza restare ad attendere il comando, demmo di volta a precipizio. Fu una ressa nel guadagnare le navi: chi a nuoto, chi con l’uso delle imbarcazioni. Le vene andarono gonfiate in direzione della Sicilia: io fui dei meno lesti; per le ombre che già scendevano, deviato nel nuoto dalla mia nave, venni nel duro caso di ricondurmi a riva”.

ISOLANO: “Questa è la gioventù del loco; vedi nessuno di quelli che premevano alle spalle?

S.: “Per quanto li affisi, non mi ci raccapizzo!”

I.: “Neppure il giovine a cavallo sei in grado di significare?”

Il saraceno mandò l’occhio in giro, senza pro; levò in alto… “È quegli!” e additò la maiolica riproducente le fattezze di San Giorgio a cavallo, la quale era incastrata nella muraglia della piazza.
Un’allucinazione collettiva, in ogni palo dei campi ai quali erano maritate le viti, aveva fatto vedere una lancia puntata contro da un uomo di armi!

Quando San Giorgio “salvò” Barano dai pirati
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